lunedì 28 aprile 2014

Vini calabresi a Degustibus

Una degustazione organizzata dai "Calabresi di Parma" all'interno dell'evento: Degustibus.

Breve Storia della Vite in Calabria, dagli antichi Greci ai giorni nostri


I vitigni del Mediterraneo antico della Calabria.

Biodiversità in Calabria meridionale
130 vitigni della Locride
Dionigi d’Alicarnasso afferma che 17 generazioni prima della guerra di
Troia una parte della popolazione pelasgica del Peloponneso, guidata Enotro, figlio di Licaone, nipote di Pelasgo, emigrò verso l’occidente e giunse nell’attuale Calabria, dove, per via della scarsa presenza umana esistente, in parte eliminata, si radicò e si selezionarono da essa, mescolata alle etnie preesistenti, dei popoli come gli Enotri, i Siculi, gli Itali; gli Enotri avrebbero popolato l’attuale Calabria centro-settentrionale chiamata Enotria o terra del vino; i Siculi e gli Itali la parte
centro-meridionale.
I Siculi in seguito spinti dagli Ausoni, popoli italici, trasmigrarono in Sicilia, a cui diedero il nome, ma restarono in piccola parte nell’area dell’attuale Locri, dove li ritrovarono i locresi Opunzi od Ozoli, provenienti dalla Grecia; di essi restano le tombe scavate nella roccia nel comune di Locri, Gerace e Portigliola.
Gli Itali occupavano la parte più meridionale dell’attuale Calabria, chiamata Italia e tale termine poco alla volta risalì la penisola fino a raggiungere l’arco alpino con Ottaviano Augusto. Fra gli altri popoli che si formarono dai Pelasgi ci furono i Morgeti, specializzati nella coltivazione della vite.
Stranamente la leggendaria fuga dal Peloponneso dei Pelasgi all’inizio del diciassettesimo secolo a.c.,
coincise con l’invasione achea della penisola ellenica e l’arrivo di essi nell’antica Calabria può avere una valenza storica, per cui i primi popoli che coltivarono la vite in modo diffusa in Calabria furono alcune tribù provenienti dalla penisola del Peloponneso.
A partire dalla fine dell’ottavo secolo a.c. la Calabria attuale fu colonizzata da calcidesi provenienti dall’isola di Eubea, che fondarono Reggio e dagli achei provenienti dall’area del golfo di Corinto, che fondarono Crotone, Sibari, Locri, Caulonia, Scillezio sullo Ionio e poi le sottocolonie del Tirreno.
Tale territorio, chiamato in seguito Megàle Ellàs (Magna Graecia), assieme a parte della Lucania e della Puglia, si specializzò nella produzione di vino e parte di esso, quello proveniente da Sibari, raggiungeva tramite la città di Mileto in Asia Minore (attuale Turchia), anche l’impero persiano.
La riprova di questo lo abbiamo nei numerosissimi frammenti di urne vinarie, le MGS, trovati su tutte le coste del Mediterraneo: dall’oriente all’occidente estremo, dalla Palestina al Tartesso.
Sibari divenne ricca e potente e fondò delle sottocolonie sul Tirreno e di esse Laos e Posidonia, chiamata in seguito Paestum, furono le più famose. Il vino principalmente le diede la ricchezza ,ma anche il lusso e la corruzione, secondo gli altri greci maschilisti e sessuofobici.
I mariti portavano ai festini le loro donne che indossavano vesti scandalosamente trasparenti, ma il radicalismo di Pitagora che aveva fondata la sua scuola a Crotone e che si era impadronito della sua guida politica portò guerra alla nobile Sibari che fu rasa al suolo e cancellata dalle acque del Crati deviato su di essa nel 510 a.c..
Fu l’inizio di guerre incessanti tra gli italioti, ossia i greci d’Italia, che era la Calabria di allora, che li avrebbero portati alla rovina totale.
Nel quinto secolo a.c. i Tessali cercarono d’insediarsi nella fertile terra dei sibariti, portando con sé le viti aminee lanate (aminee significa non rosse, quindi bianche), fortemente pubescenti da cui derivarono probabilmente i vari tipi di Guardavalle, di lacrima bianca, che hanno nelle loro foglie una pubescenza molto marcata.
I Crotoniati massacrarono i Tessali e di essi dei superstiti si rifugiarono nelle sottocolonie di Laos e Posidonia, nelle cui aree si riscontrano vitigni bianchi fortemente lanati, tra cui la Coda di Volpe.
Arrivarono i Romani che dopo le guerre annibaliche, per punire le città greche dell’attuale Calabria e i Bretti che avevano collaborato con Annibale, dichiararono ager publicus buona parte del territorio del Bruzio (la Calabria al tempo dei Romani) e vi dedussero delle colonie, sia di diritto romano che latino.
Il radicamento dei Romani è evidente nei resti di numerosissime ville rustiche (fattorie) che abbondavano sulla costa ionica e tirrenica di tutta la Calabria, prospere dal I al IV sec.d.c. ed ancora una volta il vino produsse  ricchezza.
A titolo esemplare si fa cenno alla villa romana di Palazzi di Casignana, articolata su almeno dieci ettari e dotata di doppie terme e di ambienti per la sauna, interamente mosaicati con marmi preziosi, in parte provenienti dall’oriente; in un mosaico appaiono dei grappoli alati tanto simili a quelli che ancora, sporadicamente sono presenti nei vigneti marginali.
Con i Romani la viticoltura divenne più specializzata e servì l’esportazione verso molte parti dell’impero e mentre durante il periodo magnogreco il vino era veicolato dalle anfore MGS in  periodo romano fu trasportato dalle Dressel, per il periodo repubblicano; i frammenti di esse sono presenti sulle coste di tutto il Mediterraneo.
L’impero romano funzionò come un’enorme miscelatore di popoli, dove gli usi, i costumi  di ognuno avevano diritto di cittadinanza e naturalmente anche l’agricoltura di ogni posto dell’impero era arricchita dal contributo di altre aree.
I vigneti delle ville rustiche imperiali pertanto erano forniti delle varietà più famose di tutto l’impero e quindi anche nelle ville rustiche romane di tutta la Calabria di allora erano stati importati i vitigni più famosi dell’epoca.
All’inizio del V sec., nel 410 d.c., i Visigoti di Alarico violarono e saccheggiarono Roma e poi proseguirono la loro corsa verso il sud, depredando, saccheggiando ed uccidendo. La loro corsa si fermò a Reggio che fu incendiata e poi cominciarono a risalire la penisola in senso contrario, ripercorrendo la via Annia-Popilia che gravitava sul Tirreno, mentre la costa ionica, dove ancora erano fiorentissime le ville rustiche, fu risparmiata.
Nel corso del V secolo le aree costiere della Calabria meridionale furono sottoposte a saccheggio da parte dei Vandali che partivano dalle basi dell’Africa settentrionale e di questo abbiamo la riprova al Naniglio di Gioiosa Jonica dove la vasca vinaria della villa rustica romana risulta interrata e tra i detriti ci sono frammenti di ceramiche del  periodo in questione.
Arrivarono in seguito gli Ostrogoti e durante la loro dominazione le ville furono attive con la variante che i nuovi proprietari non erano più di stirpe latina ma continuarono a produrre vino ed esportare e ciò lo dimostrano le anfore vinarie Keay LII, prodotte in Calabria, i cui resti sono stati rinvenuti sulle coste di tutto il Mediterraneo specie quello orientale, dove arrivavano dopo la conquista dell’Italia del sud da parte di Giustiniano nel VI sec d.c. .
In Italia numerosissime sono state rinvenute nell’area di Roma e fanno bella mostra di sé nella Cripta Balbi.
La produzione vinicola continuò nel periodo bizantino e lo dimostrano nell’area di Ferruzzano, Bruzzano, Caraffa, S.Agata, Casignana, le centinaia di palmenti scavati nella roccia, “firmati” talvolta con la croce potenziata bizantina, con la croce giustinianea o con quella armena. Spesso in alcune zone dei comuni sopra citati sono sopravvissute le aree centuriate fino ai giorni nostri servite da strade selciate fino a qualche decennio fa. Quale civiltà aveva organizzata la centuriazione, quella romana o quella bizantina? Probabilmente erano stati i bizantini a crearle al tempo di Eraclio l’Armeno, quando i longobardi invasero l’Italia e si stabilirono anche nella parte meridionale della penisola, dove fondarono il ducato di Benevento e vari principati tra cui quello di Salerno.
Essi occuparono per lunghi periodi la Calabria settentrionale dove fondarono alcuni castaldati e partendo da essi facevano incursioni verso sud. Per questo motivo furono costituite le centuriazioni stratiotiche, assegnate ai soldati, che facevano i contadini in tempo di pace, ma poi si trasformavano in soldati durante gli attacchi esterni che venivano da nord e dai Longobardi.
Tale situazione perdurò fino al 1040 circa d.c., quando Guaimaro principe longobardo di Salerno fece arrivare sul suo territorio dei formidabili guerrieri normanni, i cui capi si sposarono con le principesse longobarde della Campania. La più famosa di esse fu Sichelgaita, indomabile valchiria, moglie di Roberto il Guiscardo, che precedeva il marito nelle battaglie. Mileto, nel vibonese, fu una delle capitali dei normanni e città molto amata dal conte Ruggero, tanto che vi si spense.
 La Calabria del sud nel tardo antico continuò a produrre vino esportato con le Keay LII specialmente in medio oriente ed in Africa settentrionale, dove spesso ne vengono ritrovati dei frammenti. Di riscontro sul territorio della Calabria meridionale vengono trovate le monete derivante dal commercio del vino probabilmente, coniate nelle zecche più importanti dell’impero: quella di Costantinopoli e quella di Antiochia, ma non mancano quelle coniate dalla zecca meno importante di Cartagine, che serviva buona parte dell’Africa settentrionale.
Il fenomeno dei palmenti, dalle innumerevoli fogge, rappresenta non solo il periodo bizantino, ma anche periodi più antichi a partire dal periodo protostorico e sicuramente da quello ellenico, in quanto nei pressi di alcuni di essi sono state rinvenute  delle tombe greche e fondi di MGS.
Comunque sia tra la fiumara di Bruzzano ed il Bonamico, alle spalle di resti di ville rustiche romane  esiste forse la concentrazione più notevole di tutto il mondo di palmenti scavati nella roccia: Circa 750 su un territorio di circa 40 km quadrati.
La guerra d’usura tra i persiani e i bizantini che si logorarono per decenni in lotte interminabili spalancò le porte alle armate islamiche dei califfi che nel 636 batterono l’esercito bizantino, guidato dall’imperatore Eraclio l’Armeno sul fiume Yarmuk in Siria.
In pochi decenni gli Arabi dilagarono verso occidente e verso oriente toccando nel 711 la massima espansione,raggiungendo i Pirenei ad ovest e Samarcanda ad est. Crollò la produzione del vino in Calabria, a cui mancarono i mercati dell’Africa settentrionale e del medio oriente islamizzati. Si continuò a produrre, ma quando gli arabi conquistarono la Sicilia, dove cancellarono la viticoltura, a partire dall’827, la produzione cessò sulla costa per via degli attacchi incessanti ed una viticoltura limitata si trasferì nelle aree interne lontane dal mare.
Le colline pre-aspromontane, quelle a ridosso delle Serre, da Caulonia a Vibo Valentia tutta la Presila e le aree ai piedi del Pollino ebbero la funzione di bacini di conservazione del germoplasma del Mediterraneo antico, specie quello riferito  alle viti. Nei  vigneti marginali dell’Aspromonte ed in quelli del Monte Poro nel vibonese, nelle vecchie vigne dell’area del Savuto, del lametino, ed in quelle di Castrovillari e della Presila crotonese, resistono disperatamente  i vitigni del Mediterraneo antico in attesa che qualcuno e non le istituzioni calabresi corra a salvarli dall’estinzione.
Sicuramente ci sono centinaia di accessione che hanno scritto nel loro DNA il viaggio avventuroso da mondi lontani.
Le istituzioni calabresi invece non si stanno adoperando per il salvataggio consentendo di fatto l’impianto solo “viti autorizzate”, tipiche delle altre aree d’Italia o straniere, mentre delle calabresi consentono l’impianto solo del Gaglioppo, tipico di Cirotano, del Magliocco originario del Pollino, delle varie Greche, bianche o nere, presenti in tutta la Calabria, del Pecorello del Savuto, del Mantonico Pinto del Cosentino, del Mantonico di Bianco, del Greco di Bianco, del Vinciguerra del Lametino e del Vibonese, della Prunesta del Lametino e di poche altre. Le altre centinaia che hanno fatto la ricchezza della Calabria dall’antichità classica fino al Mille, prima dell’arrivo dei Normanni devono morire.

Orlando Sculli

Il Sommelier


Gaetano Palombella: Sommelier AIS Delegazione di Reggio Emilia


La Calabria di oggi rappresenta l’1% della produzione vitivinicola nazionale. Si contano circa 25.000 ettari coltivati a vigneto, 600.000 hl di vino prodotto di cui l’80% rosso ed il 20% bianco, in una regione dove meno del 10% della superficie è pianeggiante, circa il 50% della superficie è collinare e più del 40% montana. I vigneti di conseguenza si trovano per lo più in collina (65%) o in montagna (15%).   I Vitigni a bacca nera: Gaglioppo, Nerello Mascalese, Magliocco, Nerello Cappuccio, Greco Nero  e rappresentano circa l'80% della produzione. I vitigni a bacca bianca: Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Montonico e la Guernaccia.  9 le Doc e  10 IGT. Doc in provincia di Cosenza:  Terre di Cosenza la quale ha assorbito e creato le sottozone: Colline del Crati, Condoleo, Donnici, Esaro, Pollino, San Vito di Luzzi, Verbicaro.  Più a sud, in provincia di Crotone, quella di Cirò, quella di Sant’Anna. Catanzaro: Scavigna e Donnici, Nell'estremo sud, in zona di Reggio Calabria, troviamo  il Greco di Bianco DOC.
Indubbiamente il Gaglioppo è il vitigno più importante di tutta la regione. Ruvido a tratti selvatici, quasi indomabile in cantina da origine a vini importanti di grande struttura, la vera espressione di un territorio e di un terroir preciso: terreni stratificati misti (argilla, tufo e rocce calcaree), inverni freddi, estati roventi con grandi siccità, venti, anche forti in prossimità delle coste dove si concentrano le viticulture più importanti. Il vitigno trova il suo apice nella zona vitivinicola più antica Cirò (KR). Ed è proprio in questa zona che si è ripartiti alla fine degli anni 40’ con produzioni per lo più atte a creare vini da taglio e vini da vendersi sfusi, ma con il passare dei decenni è cresciuta la consapevolezza nelle realtà che hanno creduto in questa terra, fino ad arrivare ai giorni nostri: con produzioni di altissima qualità  ed investimenti  importanti, coadiuvati dalle ricerche sperimentali effettuate per poter isolare ampelograficamente quelle cultivar che erano presenti in regione e che da qui sono passate per poi diffondersi nel resto d’Europa, questi approfondimenti fanno della Calabria un terroir  in continua e costante evoluzione, che guarda al futuro ma ben ancorata alle sue origini antiche. Inoltre sono presenti in regione alcune “nicchie” enologiche nazionali: sicuramente il più conosciuto è il Greco di Bianco passito, ma anche il quasi sconosciuto Moscato di Saracena passito, il vino dei Papi, anche questo un vino con una storia antica usato fin dal 1600 per celebrare le messe papali.
Grandissime le potenzialità di questo territorio che ha tutte le caratteristiche per produrre vini di altissimo livello, un potenziale al momento parzialmente inespresso, ma sul quale molto ci sarà da aspettarsi.
Gaetano Palombella





Azienda Agricola Dott. G.B. Odoardi
di Gregorio Lillo Odoardi
Contrada Campodorato n. 35
88047 Nocera Terinese (Cz) - Italy
www.cantineodoardi.it


La famiglia Odoardi di antica origine tedesca si stabilisce in Calabria nel 1480 nel territorio dell'attuale Nocera Terinese in provincia di Catanzaro.
I membri della famiglia, dediti nel tempo alle professioni ed anche all'agricoltura, si rivelano proprietari terrieri innovativi legati al territorio e al suo sviluppo tendendo sempre ad affinare la qualità dei prodotti.
L'ampia proprietà che va dal fiume Savuto a Falerna, con centralitá operativa in Nocera Terinese, ha terreni particolarmente vocati alla olivicoltura e alla viticoltura.
L'azienda di oltre 270 Ha produce olio d'oliva e vini provenienti da singole vigne. Possiede la DOC Savuto e la DOC Scavigna. La zona del Savuto DOC si estende per circa 40 Ha ed è situata nel Comune di Nocera Terinese, la zona dello Scavigna DOC è estesa per circa 40 Ha ed è situata nel Comune di Falerna.
Le terre prettamente collinari si affacciano sul mare Tirreno di fronte le Isole Eolie e le coltivazioni sono disposte su diverse altitudini che vanno dal livello del mare fino a 600 metri.
L'ultima generazione degli Odoardi rappresentata da Gregorio Lillo Odoardi e la moglie Barbara Spalletta continua la tradizione familiare con impegno e successo ottenendo qualificati riconoscimenti e conquistando mercati di assoluto significato in Italia e all'estero.

Vini in degustazione:
Terra Damia Calabria IGT Rosso - 14% Alcool, UVE: Gaglioppo, Magliocco, Nerello Capuccio e Greco Nero variabili dal 10% al 30% ciascuno 

Terra Damia Calabria IGT Bianco - UVE: Traminer Aromatico 50%; Chardonnay 30%, Pinot Bianco 10%, Riesling Italico 10%




Casa Comerci s.a.r.l.
C.da Comerci 6
89844 Badia di Nicotera (VV).

Nella seconda metà dell’800, Francesco Comerci coltivava, sulle pendici delle colline che da Nicotera arrivano al mare, il Magliocco Canino, vitigno autoctono capace di estrarre dal terreno dalle caratteristiche peculiari ed aiutato dai venti del mare vicino e dal sole, i profumi per un vino brillante ed armonioso per la cui conservazione  aveva approntato anche una botte da 100 ettolitri.
Oggi i suoi discendenti ne hanno rinnovato la tradizione e Casa Comerci, valendosi delle moderne tecnologie, con Libìci, ha ritrovato i colori, i profumi e l’unicità di un vino inimitabile.



Vini in degustazione:
Granàtu 2012 Rosato I.G.P. - 14,0% vol, Calabria - Magliocco Canino 100%




Azienda Agricola Parrilla
Via Cesare Battisti, 83
Cirò Marina (Kr)

L’Azienda nasce in Calabria, ad opera della famiglia Parrilla, che da quattro generazioni si occupa di vino e di uva, e ancora oggi mantiene una spiccata caratterizzazione familiare. Produce Vini con preminente personalità, immagine della tradizione millenaria locale, nell’armonia tra azienda e territorio, tra innovazione e tradizione. Segue con particolare attenzione il controllo di produzione ad iniziare dalla coltivazione della vite, durante la delicata fase di maturazione, poi di raccolto, di fermentazione e di affinamento. Cura con attenzione la fase di imbottigliamento e la successiva distribuzione sul mercato nazionale.
Vini in degustazione:
Cirò Rosso Classico DOC, vol. 13,5% - Gaglioppo 100%






Salvatore Caparra
Via Tirone, 155 88811
E’ una famiglia di antichissime origini. Antichi proprietari terrieri
determinano nel territorio cirotano la stragrande maggioranza dei terreni agricoli.
Don Tuccio Caparra il nonno dell’attuale giovane Salvatore che gestisce oggi la cantina negli anni 50 fu’ uno dei primi a imbottigliare e a commercializzare il vino di Ciro’.
In via Tirone a Ciro’ marina, dove la famiglia ancora abita è possibile visitare l’antico casale con annessa l’antica cantina. Il giovane Salvatore aiutato dal papà Nicodemo ha voluto fortemente continuare la tradizione di famiglia, avendo ereditato dal nonno non solo la passione per la vite ed il vino, ma anche la capacità e le competenze. L’azienda si compone di 10 ettari di vitigno a coltura specializzata ubicati nel territorio delle D.O.C Cirò.
Nella tenuta vengono coltivati i vitigni autoctoni come: greco bianco e gaglioppo. Il greco bianco presenta un
grappolo  di colore ambrato con riflessi verdi e predilige le arse colline soleggiate.
Da questo vitigno si produce il Cirò bianco. Il gaglioppo altro vitigno tipicamente cirotano, è quello predominante nell’ area cirotana.
I sentori di frutta e la presenza di sostanze antiossidanti, fanno  del gaglioppo il nettare degli Dei ,da cui si ottiene il Ciro’ rosso,rosato e riserva.

Vini in degustazione:

Cirò Rosso Rosato DOC, Gaglioppo 100%
Tuccio, Cirò Classico Superiore, Riserva, Gaglioppo 100%



Cataldo Calabretta Viticoltore
Az. Agr. Amigdala s.s
Via Mandorleto,
47Cirò Marino (Kr)
calabrettacataldo@libero.it

L'Azienda Agricola Amigdala s.s. è a conduzione familiare e si dedica all'arte della vigna da quattro generazioni. Su una superficie di 32 ha. produce olio e vino. All'allevamento della vite sono dedicati 14 ha. L'Impulso e la trasformazione in azienda moderna viene dato da Cataldo. Laurea in enologia e viticultura a Milano, dove affina la sua professione e matura esperienza prestando la sua attività professionale in giro per l'Italia. Nel 2008 assieme alle sorelle, decide di ristrutturare la vecchia cantina di famiglia grazie all'utilizzo di alcuni fondi comunitari. Nasce così la consapevolezza di produrre vini seguendo i dettami dell'agricoltura biologica, si procede con il rinnovamento dei vigneti, il vitigno principe utilizzato è il Gaglioppo, i vigneti vengono allevati ad alberello su terreni collinari situati nel cuore della DOC Cirò, con grandi sforzi economici e tante ore di lavoro manuale in vigna.

In cantina sono state recuperate le vecchie vasche in cemento le quali sono ottimali per l'affimento e la maturazione del Cirò. Non si usano lieviti selezionati o starter di alcun genere, si cerca di far ricorso il meno possibile l'SO2, non si pratica chiarifica, solo stabilizzazione tartarica a freddo statica e filtrazione con cartoni sgrossanti in imbottigliamento.

Il territorio del Cirò rappresenta la realtà viticola più importante in Calabria per superficie e storia. La vite si coltiva in questo territorio sin dai tempi delle colonie greche, dove oggi si coltivano le vigne un tempo sorgeva Krimisa, antica colonia greca. Alla caduta dell’impero Romano, le campagne furono abbandonate, il ritorno della viticoltura nel territorio cirotano ricompare dopo il 550, quando Giustiniano riconquista queste terre dal dominio Visigoto. Grazie all’impulso dei padri Basiliani e alle popolazioni di origine Armena, i quali sanno dare un nuovo impulso alla produzione di vino. Risale in questo periodo la fondazione di Ypsicron, odierna Cirò; il vitigno che meglio si adatta a questo territorio è il Gaglioppo. Vitigno principale della DOC Cirò. Il territorio cirotano è quello tipico della costa ionica Calabrese; strette lingue di terra pianeggiante i quali finiscono sulle spiagge del litorale. E’ a ridosso di queste pianure, con terreni collinari attraversati dalle fiumare dove si coltivano i migliori vigneti, che danno vita ai migliori Cirò allevati ancora oggi ad alberello

 Vini in degustazione:

Cirò Rosso Classico DOC, Gaglioppo 100%




Senatore Vini S.r.l
Cirò Marina (Kr)

Senatore Vini: Il nostro marchio, la nostra esperienza, la nostra filosofia...
 
Il principio
“L’immagine affettiva” di un papà unico e straordinario, di una mamma instancabilmente operosa e ricca d’ingegno, rappresenta l’incipit della nostra storia aziendale.

L’obiettivo e il brand
L’attenzione verso il territorio del “Cirò”, la cura dei particolari della nostra
corta filiera..., la vigna..., la cantina..., la bottiglia..., sono proiettate verso l’ambizione dell’equilibrio.

La mission aziendale
La nostra aspirazione e la nostra filosofia aziendale sono la ricerca e l’innovazione con l’obiettivo di poter raggiungere l’immagine mitologica dell’unicorno: rarità, bellezza, unicità.

Vini in degustazione:

PUNTALICE DOP Cirò Rosato cl. 75 vol. 13% 2012 - Gaglioppo 100% 

La Pizzuta del Principe
C.da Pizzuta
88816 Strongoli (Kr)
www.lapizzutadelprincipe.it
info@lapizzutadelprincipe.it


Terra immersa in una pianura ricca di vigneti e uliveti, tra verdi colline, che godono di inverni miti, dolci primavere ed estati assolate. I cento ettari che compongono l'Azienda sono posti in una zona da sempre vocata alla coltivazione della vite, bagnati dalle acque del fiume Vitravo, affluente del Neto, lambiti dalle brezze salmastre del vicino mare Ionio, baciati dal caldo sole mediterraneo; elementi questi che permettono di ottenere uve atte a regalarci vini di qualità eccellente.
Vini in degustazione:

Molarella, Bianco IGT, Uve Pecorello 100%
Zingamaro: Rosso IGT, Uve: Greco Nero 100%



CANTINA TERMINE GROSSO

c.da Termine Grosso
88835 Roccabernarda (kr)
http://www.terminegrosso.com/


I Verga, di origine greco albanese, giunsero in Italia nel 1533 dalle città del Peloponneso di Patrasso e  Corone. Due fratelli, di cui uno papas, si stabilirono a Napoli per un breve periodo, ma ben presto si trasferirono a Cotronei in provincia di Crotone. Un terzo fratello si spostò a Venezia, mentre un altro ceppo della stessa famiglia si stabilì nel palermitano.
Nel 1540 Carlo V, per i Verga di Calabria e di Venezia, convalida la loro nobiltà di principi. Tra gli antenati della famiglia Giglio si annovera Luigi Lilio, astronomo e medico nato a Cirò intorno al 1510, che fu l’ideatore assieme al fratello Antonio del calendario gregoriano su incarico di papa Gregorio XIII°, al secolo Ugo Boncompagni.

Fino all’inizio del secolo scorso l’azienda Verga conservava ancora l’aspetto del classico latifondo crotonese, successivamente le divisioni ereditarie e la riforma fondiaria degli anni ’50 ne ridussero notevolmente le dimensioni, portandola agli attuali 700 ettari, di cui 400 nei comuni di Roccabernarda e Cutro, in provincia di Crotone, e 300 di bosco in località Nocella, nel cuore del Parco Nazionale della Sila in provincia di Cosenza.

Grazie all’impegno ed all’esperienza maturata dall’attuale proprietario, Antonio Giglio Verga, l’azienda riveste ancora un ruolo di notevole prestigio nell’economia agricola del territorio.
L’attività aziendale è incentrata sulla cerealicoltura e sulla zootecnia. Si allevano bovini ed ovicaprini da latte.
Nei terreni di Cirò, ma anche in quelli di Roccabernarda si coltivano uve da vino di varietà locali ed internazionali.

Nel 2008 è stata inaugurata la Cantina aziendale dove vengono vinificate esclusivamente uve di provenienza
aziendale.
Antonio gestisce anche l’azienda di Cirò, di proprietà della sorella, Rosamaria Giglio, dove oltre agli uliveti secolari ed alle casette di vacanza, come tradizione di famiglia, si allevano vacche podoliche che nel periodo primaverile-estivo transumano in Sila verso prelibati alpeggi, nei boschi di Nocella, che attendono gli animali al termine di tre giorni di viaggio.
La vigna, presente sia nella zona di Cirò nella località Vallo che in Roccabernarda in località Madama Giovanna è costituita da vitigni di varietà locali quali il Gaglioppo e il Greco bianco ma anche da vitigni di respiro internazionali quali il merlot.

Vini in degustazione:
Luna Piena IGT Calabria Rosato, Uve: Gaglioppo 100%
Frisio IGT Calabria Rosso, Uve: Gaglioppo e Merlot
Don Fabrizio, IGT Calabria Rosso Uve: Gaglioppo e Merlot 


Masseria Falvo 1727
S.P. Piana - località Garga
87010 SARACENA (CS)
Italia
www.masseriafalvo.com
info@masseriafalvo.it

In perfetta armonia con il territorio che la circonda, i possedimenti della Masseria Falvo, si estendono tra la Piana di Sibari e il Parco Nazionale del Pollino, nei territori di Saracena e Cassano allo Ionio. I vigneti sono alle falde del monte Pollino: Clima favorevole, esposizione ottimale, terreni vocati da sempre alla coltura della vite. Ventisei ettari di Vigneto, in cui dominano gli autoctoni: Moscatello, magliocco e guarnaccia, curati con la passione di chi sa che il vino di qualità si fa in vigna. 
 
Nella Masseria oltre alla vite vengono coltivati agrumi ed ulivi. Prodotti tipici calabresi e della piana di Sibari in particolare, sono le "clementine della sibaritide" (DOP) un agrume dolce, succo e senza noccioli di qualità eccellente che ha reso famosa la piana di Sibari in Europa e non solo.


Vini in degustazione:
Donna filomena, bianco uve: Guarnaccia 75%
Don rosario rosso, Uve: Magliocco
,



Cantine Viola di Luigi Viola & figli
via Roma,18
87010 Saracena (Cosenza)
Italia

tel./fax: 0981.349099 - 0981.349495
cell. 340.3674357 - 349.2384534 - 340.8340943


Le Cantine Viola nascono nel 1999 grazie alla passione e alla lungimiranza di Luigi Viola, che comprende quanto sia importante per il territorio di Saracena, paese all’interno del Parco Nazionale del Pollino, recuperare, valorizzare e promuovere il Moscato Passito, un vino da meditazione di antichissima tradizione unico al mondo per la tecnica di vinificazione ed a rischio di estinzione.

Custode di una secolare tradizione del paese e della mia famiglia, io, Luigi Viola , maestro elementare in pensione, da sempre appassionato di natura e agricoltura, dopo aver insegnato per oltre 35 anni, ho deciso di dedicare a tempo pieno le mie energie al recupero, alla valorizzazione e alla diffusione di un nettare, che correva il rischio di estinzione: il Moscato di Saracena .

Coinvolgendo l’intera famiglia: mia moglie Margherita e i tre figli Roberto, Alessandro e Claudio, ai quali ho saputo trasmettere la mia passione e l’amore per la nostra terra, ho incrementato la produzione di questo vino da meditazione, che, una volta proposto al pubblico e ad esperti del settore, ha immediatamente avuto un riscontro eccezionale. Ecco che come ciò che era nato quasi per scommessa, è divenuto per noi tutti un lavoro piacevole e ricco di stimoli, che ci ha permesso di venire a contatto con persone, ambienti e situazioni estremamente affascinanti.


Il 
Moscato di Saracena è un raffinato e delizioso vino passito da meditazione che, prodotto solo in questo paese con un procedimento antichissimo, prevede la vinificazione separata dell'uva moscato, ottenuta dal vitigno autoctono e da altre uve.

Il mosto ottenuto vinificando le uve malvasia e guarnaccia viene concentrato per aumentare il tenore zuccherino, mentre l'aroma ed il gusto particolari provengono dall'uva moscatello, raccolta e appassita alcune settimane prima della vendemmia.

Gli acini del moscatello disidratati vengono selezionati, schiacciati manualmente e quindi aggiunti al mosto ( prima spremitura) concentrato.

Dopo una lunga e lenta fermentazione si ha un passito color giallo ambra con riflessi aurei, dall'aroma intenso e dal sapore di miele, fichi secchi, frutta esotica.

È un vino da meditazione che si abbina ai desserts ed è ottimo con i formaggi erborinati.

Vini in degustazione: Moscato Passito di Saracena, Uve: Malvasia, Guernaccia e Moscatello

A cura di www.ciaocalabria.org 

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